A dirlo è una nuova ricerca pubblicata dalla società di search intelligence Captify in collaborazione con Advertiser Perceptions
Con la fine dei cookie di terze parti prevista per il 2022, i grandi inserzionisti pubblicitari stanno esprimendo preoccupazione riguardo la capacità di esecuzione di piani marketing ad elevate performance. Inoltre, sta aumentando anche la domanda di soluzioni più evolute basate sui dati di prima parte. A dirlo è una nuova ricerca pubblicata da Captify, società di search intelligence, in partnership con Advertiser Perceptions.
Il nuovo report di Captify “How to Ban the C-Word” è stato ideato per consentire ai professionisti del marketing di spostare la discussione dalla morte dei third-party cookie alle innovazioni e azioni da intraprendere in futuro. “How to Ban the C-Word” utilizza come fonti sia gli advertiser con i maggiori budget da ridistribuire tra i partner che non utilizzano cookie di terza parte, sia i principali centri media mondiali investiti dal compito di portare innovazione nel mondo cookieless, tra cui GroupM, Mindshare, UM. Il report è il risultato di una ricerca che ha coinvolto oltre 50 marketer che lavorano in aziende con un budget annuale compreso tra i 5 e oltre 100 milioni di dollari e si focalizza sulle modalità di preparazione ed esecuzione di un piano media digitale in un mondo cookieless.
I risultati chiave includono:
- Standard Contextual, manca la fiducia: la maggiore parte dei rispondenti - il 58% - ha manifestato dubbi riguardo la propria abilità di fare targeting in maniera accurata senza i first-party data, nonostante circa i due terzi creda che il contextual advertising accrescerà d’importanza nel giro dei prossimi 12 mesi.
- Le performance sono la principale preoccupazione: il 69% dei marketer si attende un calo delle performance senza i cookie, il 62% è preoccupato per non poter fare più affidamento alla precisione del targeting data-driven.
- I professionisti del marketing fanno affidamento sui partner per acquisire competenze: i due terzi degli intervistati ha dichiarato di essersi rivolto ad agenzie specializzate o partner per ottenere supporto in questa transizione.
- Regna ancora un sentimento di incertezza: il 65% del campione deve ancora implementare nuove soluzioni di audience targeting alternative ai cookie.
- Aumenta l’interesse verso i dati di prima parte: il 77% è convinto che la fine dei cookie di terza parte porterà ad un aumento dell’utilizzo dei first-party data dei brand. Il 54% pensa la stessa cosa riguardo ai first-party search data.
- La Search Intelligence è fondamentale per comprendere le intenzioni dei consumatori: il 54% afferma che si affiderà maggiormente alla Search Intelligence per costruire audience qualificate.
- I walled garden in secondo piano: solo il 40% prevede di orientarsi verso i walled garden con la dismissione dei cookie di terza parte.
La ricerca rivela anche come 2 intervistati su 3 si rivolgeranno sicuramente alla propria agenzia e partner ad tech per ottenere risposte e soluzioni.
I COMMENTI DELLE SOCIETÀ
“Il mercato sta affrontando una situazione che inizialmente può prospettarsi scoraggiante, a causa di penuria di dati, risultati commerciali compromessi, incapacità di profilare l’audience con precisione, ma che in realtà rappresenta una benedizione sotto mentite spoglie. Come industry, abbiamo infatti un'opportunità unica per ridefinire le strategie di targeting e personalizzazione che rispettino il consumatore e portino trasparenza ad ogni interazione. I professionisti del marketing dovrebbero immediatamente prendersi del tempo per rivalutare ogni partner che lavora con dati di terze parti, in modo da garantire che quelle potenziali lacune nei dati dei clienti possano essere colmate attraverso nuove strategie di CRM. Occorre dunque dare la priorità alle piattaforme che hanno accesso ai dati di prima parte, concentrarsi sulla costruzione del proprio set di dati proprietari, e tornare a una soluzione più scalabile sotto forma di targeting contestuale", ha dichiarto Kathleen Kayse, Chief Media Strategy & Partnerships Officer di The Ad Council.
“Abbiamo ascoltato direttamente dai brand quali sono le barriere e le preoccupazioni riguardo al cookieless e ai temi che li tengono svegli di notte", aggiunge Brendan Condon, Chief Revenue Officer di Captify. “Questo periodo, utilizzato dagli spender per riallocare i budget, cercare nuovi partner e ridistribuire la spesa, mostra come gli investimenti stiano andando verso i first-party data, sia proprietari sia di partner strategici, e verso i player ‘contestuali’ capaci di offrire maggiore valore - come le alternative costruite sui dati di prima parte. Fortunatamente, operatori ad tech indipendenti come Captify, grazie a soluzioni uniche come il search contextual, hanno saputo innovare in una direzione che garantisce a marchi e advertiser di non dover cambiare i loro processi - e gli incubi e i mostri rievocati dai cookie nelle ultime notti saranno solo un lontano ricordo”.
Stuart Schneiderman, SVP, Business Intelligence presso Advertiser Perceptions, conclude: “Il nostro studio con Captify evidenzia chiaramente l’evoluzione di molti marketer verso un mondo senza cookie, ma non a una velocità così elevata. In questo momento di uscita dalla pandemia, i consumatori sono pronti a spendere e le aziende devono essere pronti a intercettare questa domanda. La comprensione del nuovo mondo e di come muoversi al suo interno saranno fattori critici, per questo le strategie e le roadmap vanno ideate ora. Nell’indagine viene sottolineata la necessità di rivolgersi a partner come agenzie, ad tech ed editori, per supportarli a trovare nuove audience, estrarre valore dai dati di prima parte, misurare le performance e ottimizzare in modo appropriato. Chi sarà in grado di farlo acquisirà un vantaggio competitivo significativo”.
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